30 – La grande stagione dei Rifugi alpini

Il Rifugio S.U.C.A.I.

Il 24 febbraio 1933 il dott. Attilio Conti, su incarico del reggente la Sottosezione di Piedimonte, prof. Antonino Milana, e in conformità alle disposizioni pervenute dalla Sezione Etnea del CAI, ed il rag. Scarlata, per conto del Comune di Linguaglossa, consegnano al nuovo custode sig. Francesco Emmi i locali e tutti i mobili del Rifugio S.U.C.A.I., nella pineta Bosco Ragabo.

Il successivo 4 aprile, con atto del segretario capo dello stesso Comune, si da in concessione alla Sezione Etnea del C.A.I. per la durata di anni 29 (e pertanto fino al 31 dicembre 1961) lo stesso Rifugio e la capanna di legno fuori uso posta accanto al rifugio stesso. Il Verbale di consegna del Rifugio S.U.C.A.I. al reggente della Sottosezione di Piedimonte Etneo porta la data del 6 dicembre 1936.

31 – Il Rifugio Menza

La Valle del Bove presenta negli anni ′30 un paesaggio assolutamente diverso da quello desertico e infernale noto agli escursionisti di oggi. Essa, infatti, non è interessata da eruzioni da oltre 70 anni e la sua superficie, sia pur costituita esclusivamente da colate laviche sovrapposte, è ammorbidita dal tempo e costellata da ampi spazi erbosi. Scoppiato sull’Etna il fenomeno sci, la frequentazione della Valle, raggiungibile in un ora da Zafferana, si diffonde, perchè con uno strato anche modesto di neve vi si possono ricavare degli splendidi campi di gara. In Valle del Bove si organizzano anche accantonamenti per escursioni estive e per esercitazioni di alpinismo. Tanta attività porta all’idea dì realizzarvi un rifugio, il primo interamente di proprietà del C.A.I. di Catania.

Per la sua edificazione si sceglie un’area a quota 1680, circa 300 m ad est del Castello del Trifoglietto, perchè lì, nei pressi, vi è la possibilità di approvvigionarsi d’acqua, grazie alla piccola sorgente che esiste lungo la Serra del Salifizio, nel canalone detto, appunto, ″dell’Acqua″. II terreno viene chiesto in vendita all’Arcivescovo di Catania, la cui ″Mensa Arcivescovile″ è proprietaria di vastissime estensioni di terreno sull’Etna. Più che di vendita si può parlare di regalo, data la somma pattuita. L’Arcivescovo impone però una condizione: nel corpo del rifugio deve prevedersi una piccola cappella con ingresso a parte.

Il 16 giugno 1933 con atto del notaio Carmelo Fazio, monsignor Carmelo Patanè, arcivescovo di Catania e ultimo conte di Mascali, vende alla Sezione Etnea del C.A.I. mq 2.500 di terreno sciarono in territorio di Zafferana Etnea, al prezzo di L. 250 per potere la Sezione costruire un rifugio alpino nel quale per obbligo dovrà prevedersi una piccola cappella con ingresso a parte. Dopo un primo progetto accantonato, che viene pubblicato sulla rivista sezionale dell’aprile 1930, firmato dall’arch. Luigi Nicotra, si decide di utilizzare quello, ovviamente regalato, del socio ing. Alfio Amantia, coadiuvato per l’estetica complessiva dall’arch. Rosario Marletta. Il denaro occorrente, poco più di 40.000 lire, viene preso in parte svuotando le casse della Sezione; per il resto si fa ricorso ad ogni genere d’ingegnosi artifizi, compresa l’organizzazione di feste da ballo presso il Caffè Lorenti, il cui proprietario il sabato sera lascia disponibile il locale.

Il Rifugio viene ultimato in cinque mesi e mezzo e inaugurato il 3 dicembre 1933 alla presenza di un folto gruppo di soci, di alcuni esponenti della Sede Centrale del C.A.I. e di altre Sezioni e di qualche autorità locale. La Messa viene officiata da Padre Marano, delegato dell’Arcivescovo, utilizzando l’apposita cappellina; funge da madrina la sig.ra Maria Vadalà. Il presidente Vadalà Terranova consegna all’ing. Alfio Amantia una medaglia d’oro del C.A.I. in segno di riconoscenza per il suo impegno di realizzatore dell’opera. Il Rifugio dispone di due camerette da 4 posti letti ciascuna e due dormitori da 18 e 26 letti, per un totale di 52 posti. E il nome? E’ pronto già da tempo. Il C.A.I. vuole ricordare Gino Menza, che aveva perso la vita nel 1925 durante una discesa della parete della Serra del Salifizio, mentre si trovava in cordata con altri due escursionisti. Gli amici gli avevano costruito una croce, nel punto esatto in cui era caduto, ma non gli era parso sufficiente e avevano voluto fare ben altro per mantenerne vivo il ricordo. Le chiavi vengono affidate alla guida Peppino Strano di Zafferana, che lo gestisce al meglio che può, tenuto conto delle condizioni necessarie a portargli i viveri ed il materiale per accendere il fuoco.

La Sezione ha anche la capacità economica di stampare un numero unico di grande formato, per celebrare la realizzazione del rifugio. Alla pubblicazione collaborano, oltre al presidente, anche il fratello Emanuele, Domenico Abruzzese, Alfio Amantia, Kurt Haeni, Francesco Miceli e Nello Paternò.

32 – Torna in vita la Casa Cantoniera

Il 17 luglio 1922, con un breve telegramma, Cristoforo Montesanto aveva comunicato alla Sezione, l’incendio della Casa Cantoniera. Già il successivo 25 agosto, l’Università invitava ad un incontro per la ricostruzione del Rifugio, ma ristrettezze economiche impedivano di concretizzare rapidamente la comune intenzione. Nel maggio 1924, in una riunione di Consiglio Direttivo il prof. Gaetano Ponte suggerisce di utilizzare come rifugio la casetta dell’Orto Botanico, salvatasi dall’incendio, ma intanto la situazione si evolve. Nasce 1’A.S.T.I.S., ente pubblico di emanazione governativa, con il compito di occuparsi dello sviluppo del turismo in Sicilia. Questo ente, ben finanziato dal governo, ottiene nell’agosto del 1927 la cessione da parte dell’Università di Catania di tutti i fabbricati sull’Etna e quindi i diritti sui resti della Casa Cantoniera. L’A.S.T.I.S. ignora però la storia dell’edificio e i diritti della Sezione sulla stessa. Così, quando fra il 1928 ed il 1930 essa procede ad una prima ricostruzione, il C.A.I. si ritrova di fatto espropriato dell’immobile ed il presidente Vadalà Terranova deve intraprendere una difficile battaglia legale per mantenere il parziale utilizzo dell’edificio come rifugio alpino. Un lungo e complesso braccio di ferro si svolge fra questi ed il comm. Paternostro, segretario generale dell’A.S.T.I.S.. Questo Ente comunica di non poter procedere a riconoscimenti giuridici dei diritti del CAI, ma, quando il 21 ottobre 1934 re Vittorio Emanuele III inaugura la strada carrozzabile che da Nicolosi porta a quota 1900, sulla parete di mezzogiorno della Casa Meteorico Alpina, da ora in poi denominata Casa Cantoniera, rinnovata e ampliata con il denaro dell’A.S.T.I.S., campeggia nuovamente la vecchia lapide che ricorda l’impegno del C.A.I.

LA SEZIONE CATANESE DEL C.A.I.
EDIFICANDO QUESTA CASA NEL 1894
GRATA AL CONTE DI BELCHITE
CHE GENEROSAMENTE IL TERRENO DONAVA
IN RICORDO POSE NEL 1898

Il 12 gennaio 1934 la custodia del Rifugio Cantoniera viene affidata alla Guida Vincenzino Barbagallo, ma la battaglia per aver riconosciuto un diritto almeno parziale sulla nuova Casa Cantoniera, non è più sostenibile. L’edificio conserva ancora per poco la doppia funzione di ricovero per scienziati (vulcanologi e meteorologici dell’Aeronautica Militare) e rifugio alpino, finchè nel 1936 la Sezione rinuncia ad ogni diritto su di essa previo un indennizzo di L. 23.560,50 lire, che utilizzerà per portare a compimento il piano rifugi che da tempo si è prefissata. La Casa Cantoniera sarà definitivamente spazzata via dall’eruzione del 1983.

33 – Il Rifugio Citelli

Negli anni ′30, fra le centinaia di appassionati dell’Etna, si annovera il prof. Salvatore Citelli, otorinolaringoiatra di fama, originario di Regalbuto, ma trapiantato a Catania. Questi, scapolo e facoltoso, decide di donare a coloro con cui divide la passione, e per essi al C.A.I. un rifugio in una posizione in cui se ne sente la mancanza.: a ridosso della Serra delle Concazze, appena fuori della pineta, in maniera da favorire l’attacco finale al Cratere da quel versante, per la via dei Pizzi Deneri.

Si accorda con il cav. Antonino Paternò Castello dei Marchesi del Toscano per la concessione gratuita del terreno. Dopo ampie riflessioni e discussioni, si sceglie la cima di Monte Concazze, un antico cratere laterale in posizione panoramica ″mozzafiato″, il cui interno è ormai pressochè pianeggiante e può costituire un ideale spiazzo antistante l’edificio. Viene chiamato al progetto ed alla direzione dei lavori Alfio Amantia, ingegnere-alpinista, già sperimentatosi con successo nella realizzazione del rifugio Menza, il quale dona ancora una volta la sua prestazione.

Viene inaugurato il 6 ottobre 1935 e anch’esso affidato alla guida zafferanese Peppino Strano, che lo manterrà fino al 1975. Il successivo 13 novembre, con atto del notaio Francesco Fazio di Linguaglossa il cav. Antonino Paternò Castello dei marchesi del Toscano ed il prof Salvatore Citelli donano alla Sezione Etnea del C.A.I. rispettivamente mq 11.606 più altri mq 9 sulla cima di Monte Concazze il primo ed il rifugio omonimo il secondo.

34 – Ma non basta

Il ″Piano Rifugi″ di Vadalà Terranova ha centrato il suo obbiettivo: in una lettera inviata dal G.U.F. alla Sezione il 21 luglio 1937, vengono definiti come rifugi della Sezione i seguenti:

  1. Menza
  2. Citelli
  3. S.U.C.A.I
  4. Osservatorio

Ma il presidente e i caini catanesi non sono ancora soddisfatti. Il 25 maggio 1938 il C.A.I. di Catania chiede all’Arcivescovo la concessione di mq 1000 sul poggio ″Torre del Filosofo″ per costruirvi un rifugio in sostituzione del ricovero presso l’Osservatorio Etneo, ma questa volta risulta che il terreno che è stato adocchiato non è di proprietà della Mensa Arcivescovile, bensì di privati. Così il 30 luglio 1938, con atto del notaio Francesco Fazio, la famiglia Platania vende 1005 mq di terreno in località Torre del Filosofo, appartenente alla tenuta ″Fernandina Palmentelli Sclafani″, al prezzo di Lire 100.

Per sovrappiù si vuole anche realizzare un punto di raduno e di ricovero per le Guide alpine: una ″Casa delle Guide″. Si chiede un contributo alla Sede Centrale, ma il 26 ottobre 1938 giunge un diniego. Ma intanto, nel luglio precedente, con atto del Notaio Francesco Fazio la famiglia Platania Scammacca dona 600 mq di terreno sciaroso ad ovest del Grande Albergo dell’Etna, appartenente alla tenuta ″Fernandina″ per costruire una ″Casa delle Guide″. Con o senza contributo, il 30 ottobre 1938 la ″Casa delle Guide″ viene inaugurata.

35 – La costruzione della carrozzabile da Nicolosi alla Casa Cantoniera

La Casa Cantoniera

Avevamo visto nelle prime pagine di questa piccola storia come, nel 1835, la neonata Amministrazione Provinciale di Catania avesse fatto un prezioso dono agli abitanti di Gravina, Mascalucia e Nicolosi, ai numerosi appassionati dell’Etna ed ai turisti in generale. Essa aveva infatti costruito una splendida strada carrozzabile che dall’estremità superiore della frazione di Barriera del Bosco portava rapidamente e comodamente a Nicolosi. Proprio nello slargo da cui sovente prendono il via le escursioni che si organizzano in Sezione, su uno dei Due Obelischi che lo decorano e lo denominano, si legge:

REGNANDO FERDINANDO II
RE DELLE DUE SICILIE,
A RENDERE PIU’ AGEVOLE IL CAMMMINO,
PIU’ ATTIVO IL COMMERCIO INTERNO,
MEN PENOSO IL VIAGGIO ALL’ETNA,
ALVARO PATERNO’ CASTELLO,
INTENDENTE DELLA PROVINCIA,
QUESTA STRADA, ALPESTRE PER LO INNANZI
E DISASTROSA, CURO’ CHE A SPESE PROVINCIALI
FOSSE COMODA E CARROZZABILE,
ANNO MDCCCXXXV

Per circa un secolo dunque, per effettuare l’ascensione al Vulcano, si potevano usare carrozze a cavalli e poi automobili soltanto fino a Nicolosi. Da lì a piedi o a dorso di mulo. Poco a nord di Nicolosi, è ancora visibile, in piccola parte, la mulattiera che veniva percorsa dai nostri consoci negli anni ′20 e ′30, ricavata sulle lave del 1886 e 1892, transitando presso Casa del Bosco, per proseguire poi su un tracciato oggi scomparso sotto le estese ″sciare″ dell’eruzione del 1983.

Un altro energico e definitivo passo fu effettuato a partire dal 1931, per opera del Preside della Provincia avv. Vincenzo Lo Giudice, che favorì la costituzione di un Consorzio fra la Provincia e il Comune di Catania, la Camera di Commercio, il Banco di Sicilia, l’A.S.T.I.S., i Comuni di Nicolosi, Belpasso e Mascalucia, la famiglia Costarelli-Platania e la Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele. La fase di progettazione vide all’opera numerosi tecnici, mentre la Direzione dei Lavori fu affidata al capo dell’Ufficio Tecnico della Provincia ing. Ottavio Priolo, che scrisse:

Anche senza conoscere materialmente i luoghi, è facile immaginare su quale terreno si è dovuto lavorare: una grande quantità di crateri avventizi di notevoli altezza e valli profonde, che si succedono senza interruzione; immensa colate laviche; pendici coperte da folti boschi; zone sabbiose di una sabbia vulcanica nera, mobilissima, fastidiosa. La strada passa ai piedi dei Monti Rossi, originati dall’eruzione del 1669, impegna la colata lavica del 1886 e poscia quella del 1910, passa ancora fra il Monte San Leo e il Monte Rinazzi e sbocca su terreni ubertosi, coltivati a frutteti, in una zona magnifica e panoramica. Snodandosi sulle pendici di Monte Sona e di Monte Manfrè, attraversa stupendi boschi di castagni e con ampie curve e controcurve raggiunge la Casa Cantoniera, dalla cui soglia si gode la magnifica visione di un terzo della Sicilia. Su 17.972 metri di percorso, 11.915 sono rettifili e 6.057 in curva, essendosi realizzati raggi di curvatura non inferiori a 30 metri nei punti più difficili ed essendosi contenuta la pendenza entro i limiti medi per strade di alta montagna a traffico automobilistico, considerato che la strada, con inizio a quota 698 e termine a quota 1880, ha un dislivello totale di 1182 metri.

L’opera fu giudicata di tale livello tecnico, da meritare di essere inaugurata da re Vittorio Emanale II, che, uscendo da Via Etnea a bordo di una vettura scoperta, si recò il 21 ottobre 1935 fino alla Casa Cantoniera, per inaugurare la bellissima carrozzabile e, nel contempo, l’antico rifugio alpino con l’occasione ristrutturato.