a cura di G. Condorelli

La Sezione catanese del Club Alpino Italiano esiste da oltre 25 lustri. Un arco di tempo tanto vasto da potersi parlare di storia della Sezione, storia legata a filo doppio con quella della Città, del suo territorio e della sua Montagna. Questa storia viene ora raccontata in queste pagine.

Il racconto, però, si ferma ai suoi primi 100 anni. Anche in un’associazione infatti, così come in ogni gruppo sociale di questo mondo, esistono le opinioni, le tendenze, le diverse maniere di intendere gli scopi da prefiggersi e da raggiungere. Ci è sembrato quindi non giusto raccontare gli ultimi decenni, quelli cioè, che hanno per protagonisti gli stessi personaggi che oggi, reggono, animano o semplicemente frequentano la Sezione. Ci penseranno i nostri consoci del 2025, oggi spensierati giovani e forti camminatori, ad aggiungere, con l’equilibrio e la ponderatezza che solo il trascorrere del tempo può dare, un altro quarto di secolo a questa storia.

02 – Il Contesto

Il contesto nel quale nasce la Sezione catanese del Club Alpino Italiano è il mondo degli studiosi e degli appassionati di Storia Naturale dell’Ottocento catanese. E in questo mondo la presenza del grande vulcano alle porte della città è più che incombente: è una perenne, continua fonte di attrazione, di stimolo, di voglia di cimentarsi e di conoscere. Questa attrazione in verità data ben prima dell’Ottocento: troviamo sull’Etna due autentici escursionisti, che ci tramandano le loro avventure, le loro scoperte e le loro emozioni, addirittura a metà del Cinquecento.

Uno è Anton Giulio de Amodeo detto il Filoteo, che lascia più volte la sua Castiglione con un paio di amici e si avventura sul vulcano, risalendolo dalla parte di Linguaglossa, su un percorso che sfiora Monte Baracca e che si inerpica quindi sull’erta che sovrasta la vasta pineta di Piano Provenzana e dintorni, da lui chiamata ″Schiena del Leone″. L’altro è Tommaso Fazello, che da Sciacca viene a Catania e da qui sale sul vulcano.

Nel Settecento è la volta di numerosi viaggiatori italiani e stranieri, che inseriscono l’Etna nei loro tour, mentre diversi eruditi catanesi scrivono testi, memorie, relazioni. A Nicolosi nasce il mestiere di guida alpina. Una di esse, Biagio Motta, detto il Ciclope, è ricordata da più di uno scrittore e la sua immagine ci è stata tramandata da Jean Houël (*).

Ma è con l’Ottocento che la frequentazione dell’Etna da parte degli studiosi supera l’eccezionalità per diventare un fatto normale. Ed ha inizio, sommessamente, un fenomeno nuovo. Qualcuno comincia ad andare in montagna perchè gli piace, e non soltanto perchè deve ″studiare″ il vulcano. Il concetto di attività sportiva, cioè di un’attività che esula dalla propria professione e dal mero studio e che, viceversa, si impernia sul diporto, cioè sullo svago, sia pur associato a forme di ricerca e di osservazione, comincia a prendere piede. Non è più un’anomalia il fatto che un avvocato, o un possidente o un impiegato, mettano di tanto in tanto da parte la loro attività quotidiana e si cimentino in un’ascensione per puro piacere, anche se poi torneranno con notizie, con informazioni, con dati scientifici, per paludare di scienza qualcosa che in realtà è stata una sana giornata di svago all’aria libera.

Per i catanesi il governo borbonico realizza nel 1835 qualcosa che giunge a proposito: una bellissima carrozzabile che da Barriera del Bosco porta velocemente a Nicolosi. Sono 14 chilometri guadagnati. Adesso, con una carrozza, ci si può portare ad una distanza dalla cima dell’Etna, tale da ridurre ad appena due giorni il tempo occorrente per l’escursione: una vera comodità. Tra un sabato e una domenica si va sul cratere e si torna.

E nel resto del Paese? L’Italia è unita dal 1861. E non del tutto: mancano ancora il Trentino e la Venezia Giulia. Essa è anche una nazione che si affaccia in Europa, e le comunicazioni si fanno sempre più efficienti. Niente radio e televisione, ma la stampa periodica si è ormai diffusa e viaggia bene attraverso il continente e la penisola. Certo, non esistono edicole ad ogni angolo di strada e l’approccio con la carta stampata è ancora un fenomeno elitario, ma le notizie circolano. E a Catania si viene a sapere che in molte città italiane stanno nascendo delle Sezioni di un Club a diffusione nazionale, che raduna gli appassionati della montagna, fondato a Torino nel 1863: il Club Alpino Italiano.

* Jean-Pierre Louis Laurent Houël (Rouen, 28 giugno 1753 – Parigi, 14 novembre 1813) fu un incisore, pittore e architetto francese, autore di numerose relazioni di viaggi tra cui Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malta et de Lipari (1782 – 1787).

03 – L’emulazione

Ma cos’era successo a Torino nel 1863? Un idea originale o l’emulazione di qualcosa fatto da altri? E cos’era successo in Inghilterra, a Birmingham, nel 1857?

Era successo che l’alpinismo era entrato a fa parte del costume a un punto tale da far nascere una nuova idea: fondare un’associazione per raggruppare i suoi adepti, già numerosissimi, in modo che essi potessero paragonare i resoconti delle loro ascensioni e scambiarsi informazioni. Il sistema migliore per far conoscere i particolari, le caratteristiche dei diversi itinerari, le condizioni in cui si trovavano le montagne. Il progetto prende piede, appunto a Birmingham, nel 1857 grazie a William Mathews e alcuni amici, al ritorno da un’ascensione sul Finsteraarhorn. In base al secondo paragrafo dello Statuto, lo scopo che questo Club si propone di raggiungere è quello di creare la buona intesa fra gli alpinisti, di sviluppare l’alpinismo e la esplorazione della montagna nel mondo intero, la conoscenza più approfondita della montagna grazie alla letteratura, alla scienza ed alle arti.

Nasce l’Alpine Club. Già: Alpine Club senza nessuna specificazione della nazione di appartenenza. Non serve, è il primo e non ve ne sono altri. Ma passano solo 6 anni ed il 12 agosto 1863 quattro galantuomini riuniti sulla punta del Monviso – il calabrese Giovanni Barracco, i fratelli Paolo e Giacinto di Saint-Robert e Quintino Sella, Ministro delle Finanze del nuovo Regno d’Italia, concepiscono l’idea di fondare nel nostro paese un Club Alpino, a somiglianza di quanto recentemente è stato fatto in Inghilterra e in Austria. I presupposti che si erano creati all’ombra dell’Etna, si erano avuti, a maggior ragione, all’ombra delle Alpi: un’avanguardia avventurosa di parroci, cacciatori e montanari valsesiani e valdostani che vivendo sul posto, avevano obbedito all’impulso misterioso di salire, di andare a vedere cosa c’è sugli alti ghiacciai, cosa c’è oltre le creste che limitano l’orizzonte consueto della valle natia, avevano contagiato anche i cittadini.

Scrive Massimo Mila (*): A Torino un gruppo di questi, gentiluomini, studiosi, agiati professionisti, benestanti, scienziati – che evadevano dalle costrizioni della vita della città percorrendo le Alpi, per lo più col pretesto di compiere studi geologici, cominciò a gravitare attorno a Quintino Sella. Questa era la dignitosa copertina scientifica con la quale essi giustificavano di fronte a se stessi, magari di fronte ai genitori, consorti superiori, relazioni sociali e mondane, quella loro strana smania che li spingeva fuori dalle comodità della vita civile, a faticare e sudare per greppi incolti, a dormire in fienili, a nutrirsi di polenta e latte, a sbrindellarsi gli abiti tra gli sterpi e le rocce.
A vederli oggi effigiati in fotografa, così autorevoli nei loro alti colletti duri, con la catena d’oro sul panciotto, così precocemente anziani, secondo il costume ottocentesco, con le loro barbe e i loro mustacchi folti, si stenta a credere che fossero degli sportivi come noi, gente che aveva un sovrappiù di energia da spendere rispetto alla media dell’umanità, e che molto probabilmente anch’essi, appena si erano lasciati alle spalle le mura della città e le solenni dimore del patriziato torinese, si comportavano come scolari in vacanza, scherzavano, si canzonavano, dicevano delle sciocchezze, scoppiettavano di quel buon umore irresistibile che viene indotto dal sano esercizio fisico all’aria aperta.

* Massimo Mila (Torino, 14 agosto 1910 – Torino, 26 dicembre 1988) è stato un musicologo, critico musicale e alpinista italiano.

04 – Si fonda la Sezione

Ma torniamo a Catania. E’ in questo contesto che il 24 aprile 1875 in una sala del Grande Albergo si riuniscono i signori: Adolfo Angst, prof. cav. Giovanni Boltshauser, dott. Giuseppe Bonanno Vinci, prof. Domenico Amato, prof. Giuseppe Pulvirenti, col. Francesco Veneti, prof. Santi Giuffrida, prof. Antonino Amore, Salvatore Aradas, Gaetano Carmelo La Ciura, Giuseppe Chines, Venturino Caravella e Gustavo Herbort. Sotto la presidenza provvisoria del dott. Bonanno, si dà lettura del Progetto dì Regolamento Sezionale, che viene approvato. Nasce pertanto la Sezione di Catania del Club Alpino Italiano, denominata ancora ″Sezione Alpina″ di Catania. La riunione si conclude con un pranzo.
Il successivo 6 maggio si svolgono le prime elezioni sociali e vengono eletti:

  • presidente:prof. Giovanni Adamo Boltshauser, all’unanimità (16 voti)
  • vicepresidente: dott. Giuseppe Bonanno Vinci, 10 voti
  • segretario: sig. Venturino Caravella, all’unanimità
  • cassiere: sig. Adollo Angst, all’unanimità
  • consiglieri: prof. Domenico Amato, avv. Francesco Chiarenza, prof. Giuseppe Pulvirenti, cav. Domenico Derossi, prof. Antonino Amore.

Poichè, per gli studi che la Sezione dovrà compiere, sarà indispensabile consultare spesso gli studi già fatti dall’Accademia Gioenia, si conviene di nominare Presidente Onorario il prof. Andrea Aradas, naturalista e primo Direttore dell’insigne Accademia. Ma chi sono costoro? Del prof. Boltshauser sappiamo che è Direttore dell’Osservatorio Meteorologico dell’Università di Catania, mentre il prof. Aradas è noto per diversi studi di argomento zoologico.

Il successivo 20 maggio 1875 si delibera di istituire 4 commissioni, dette ″sottosezioni″, allo scopo di istruire i seguenti argomenti:

  1. Fissare le tariffe per le vetture da Catania a Nicolosi, per le Guide e per i muli da Nicolosi all’Etna. Raggiungere un’intesa col dott. Giuseppe Gemmellaro per ottenere qualche restauro alla Casa degli Inglesi.
  2. Compilare una nota contenente le notizie più interessanti sulla geologia, la mineralogia, la flora, la fauna ed il clima dell’Etna e dintorni, ed un compendio sulle eruzioni e sui terremoti etnei.
  3. Raccogliere e compilare la descrizione dei luoghi più pittoreschi e interessanti dell’Etna e delle vicinanza e notizie biografiche e storiche dei principali personaggi che hanno visitato l’Etna.
  4. Raccogliere dati statistici, osservazioni, notizie, pubblicazioni, proposte e progetti che possano essere utili alla Sezione.

Le elezioni si svolgono ogni anno e già due anni dopo la fondazione, troviamo vistosi avvicendamenti nella composizione della dirigenza: presidente è il comm. Domenico Bonaccorsi marchese di Casalotto e suo vice l’avv. Adolfo Pantano; Segretario il dott. Salvatore Aradas e suo vice il sig. Sebastiano Speciale; Cassiere Federico Liebrich-Ruesch, mentre nasce la funzione di Direttore per quelle che appaiono come le due attività precipue del Sodalizio: il past presidente prof. Boltshauser è nominato Direttore delle Scienze, mentre il dott. Bonanno Vinci è Direttore delle Guide. In realtà soltanto quest’ultima carica si rivelerà utile e sopravvivrà per mezzo secolo. L’altra è creata dai dirigenti del momento perchè auspicano un’ampia pratica di ricerca scientifica nell’ambito del sodalizio: ma ormai si gioca a carte scoperte; si vuole andare in montagna perchè ci si diverte e ci si esalta, non soltanto per studiarla.

Questo nuovo consiglio provvede a ritoccare il Regolamento Sociale ed a pubblicarlo.

L’art. 1 così recita:

La Sezione del Club Alpino di Catania ha per iscopo la completa conoscenza delle montagne siciliane e specialmente dell’Etna, mediante escursioni, ascensioni ed esplorazioni scientifiche e descrizioni in iscritto e per le stampe. Appartengono alla sua sfera d’azione la Flora, la Fauna, la Mineralogia, le Acque Termali, la Geologia e la Topografia, la Orografia e le osservazioni meteorologiche, gli studi sul rimboschimento e sulla pastorizia; le raccolte d’insetti, di piante, di rocce e di fossili, il lato artistico e pittoresco dei monti ed i costumi dei loro abitanti. Le escursioni de’ Soci possono farsi anche per puro diletto e per puro esercizio ginnastico, senz’alcuno scopo scientifico.

Nel Consiglio del 1877, composto da 7 membri, tutti hanno una specifica funzione. La quota associativa annuale è di Lire 20, delle quali 8 devono essere inoltrate alla Sede Centrale. Sia per emulare l’attività di altre Sezioni CAI, sia soprattutto per l’effettiva esigenza di dotare le zone sommitali della montagna di qualche ricovero fruibile da tutti gli alpinisti; per rendere più confortevole la sosta notturna durante l’ascensione al Cratere, la Sezione inizia il suo impegno su di un fronte che si rivelerà il più impegnativo di tutti: quello sul quale decine di presidenti e centinaia di consiglieri impegneranno la parte predominante delle loro energie: i Rifugi alpini.