42 – Il Giornale sezionale ″Sacco Alpino″

La vulcanica mente del presidente, unita alle rinnovate possibilità economiche, porta alla nascita di un giornale sezionale, con cadenza all’incirca bimensile, che vivrà dal gennaio 1946 al giugno 1948, per un totale di 10 numeri. Un giornale di grande formato, di almeno quattro pagine per numero, ricco di verve e denso di notizie, aneddoti, vignette, cronache e satira nei confronti degli stessi soci. Denominato ″Sacco Alpino″, gode di un gradimento altissimo ed è apprezzato anche dalla Sede Centrale, per i suoi scritti di opinione. Presenta una curiosità: i soci che vi collaborano utilizzano quasi esclusivamente degli pseudonimi: Eva, l’Apone, Demos, Nic, Vulcano. I primi due numeri vengono sottotitolati ″Organo della Sezione dell’Etna del C.A.I.″; poi si dà spazio alle altre Sezioni siciliane e vi si aggiunge il nome ″Rassegna siciliana di alpinismo″.

43 – Nasce il Comitato Regionale Siculo delle Sezioni del C.A.I.

L’ 11 maggio 1947 ha luogo a Messina il 1° Convegno delle Sezioni Siciliane del C.A.I., ospitato dalla Sezione Messina. Nasce così il Comitato Regionale Siculo, con primo presidente Vadalà Terranova e vice il presidente di Palermo, rag. Nazareno Rovella. Viene altresì approvato il Regolamento del Comitato.

44 – L’ultimo rifugio: il più grande

La rinuncia pronunciata nel 1936 ad ogni diritto sulla Casa Cantoniera, impone a dirigenti e soci della Sezione di impegnarsi per costruire un Rifugio, interamente di proprietà del sodalizio, sul versante sud dell’Etna, in posizione altrettanto funzionale di quello che si è dovuto lasciare.

L’occasione si presenta a seguito della caduta del Fascismo, allorchè tutti gli edifici di proprietà di enti di ispirazione fascista si rendono disponibili, o in vendita o in concessione, per chi ha la capacità ed i titoli per ottenerli. Cinquecento metri oltre la Casa Cantoniera, a q. 1910, la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale aveva iniziato la costruzione di una casermetta denominata ″Capanna Montagnola″, rimasta al rustico allo scoppio della guerra. A conflitto concluso il C.A.I. ottiene tale rustico dapprima in concessione gratuita e successivamente in vendita.

Il progetto viene redatto dal socio ing. Oliviero Scuto che ne assume anche la direzione dei lavori. Il rifugio prevede 42 posti letto e una sala da pranzo di identica capacità. La spesa preventivata è di L. 1.500.000, somma che certamente non può essere sborsata dalle misere casse della Sezione. Nel settembre 1946 il presidente Paolo Fontana dà l’avvio ai lavori, dietro assicurazione che i soci contribuiranno alle spese, facendo affidamento su un contributo statale e di Enti locali. A fine marzo 1947 sono raccolte L. 900.000, mentre ne sono state spese L. 1 200 000. Tra le decine di soci che contribuiscono, un concorso assolutamente straordinario per l’entità dell’importo (ben L. 320.000) viene da Domenico, fratello del socio Giovannino Sapienza, appassionato alpinista, morto durante il conflitto appena concluso. Naturale a questo punto intitolare il rifugio alla Sua memoria, così, quando il 14 dicembre 1947 viene inaugurato, esso porta ancora un doppio nome: ″Capanna Montagnola – Rifugio Sapienza″.

L’edificio, dotato, per quei tempi, di ogni comfort, è dato in gestione, per buona parte degli anni ′50, alla guida alpina Vincenzino Barbagallo. Le tariffe di pernottamento sono quelle predisposte dal Consiglio Centrale per i Rifugi di categoria B. Successivamente si costruisce in aderenza al fianco di ponente un piccolo corpo aggiunto, denominato dapprima ″Pizzeria″ e più tardi ″Caminetto″, affinchè i soci del C.A.I. possano avere un locale destinato specificamente alle loro attività.

Ma la storia del Rifugio Sapienza non finisce così. L’edificio sarà oggetto di diversi interventi e ampliamenti successivi, che impegneranno la Sezione per tutti gli anni ′50, per concludersi nella metà degli anni ′60.

45 – Vadalà Terranova lascia a Franzina

La Sezione continua a svolgere un’attività vivace e proficua, raccogliendo risultati di prestigio: si costituisce il Gruppo Speleologico, con il compito di esplorare le grotte e gli abissi etnei e compilare le relative mappe per l’iscrizione al Catasto demaniale delle grotte dell’Etna. L’Istituto Geografico Militare affida alla S.U.C.A.I. dell’Etna il compito, in esclusiva, di aggiornare le carte topografiche dell’Etna.

I dirigenti della Sezione seguono con attenzione e stimolano le opere che si accingono a compiere le Pubbliche Amministrazioni in favore della frequentazione dell’Etna: da Linguaglossa informano il Consiglio che la strada della pineta Ragabo permette già agli automezzi pesanti di spingersi a circa 10 minuti dal Rifugio Conti. Con questa realizzazione si allarga ad una fascia più ampia di fruitori, la possibilità di raggiungere le zone alte del Vulcano.

Con il 1948 Raffaello Vadalà Terranova entra nel 16° anno di presidenza. Ma lo spirito non è più quello di una volta; le polemiche con i giovani non sono del tutto sopite e Vadalà decide di chiudere il suo lungo ciclo.

Come tutti i trapassi, anche questo non è indolore. Il 1° giugno 1949 è eletto presidente Guglielmo Franck, ma dura solo 8 giorni. Il 9 giugno prende il timone Umberto Franzina (1907­1968), che aveva già fatto parte del Consiglio Direttivo quale Reggente della S.U.C.A.I.. Franzina prosegue con diligenza nell’impegno del suo predecessore verso i rifugi. A lui tocca in particolare di accompagnare il decollo e quindi lo sviluppo del Rifugio Sapienza, al quale dedicherà, in 9 anni di presidenza, la grandissima parte delle sue energie.

Intanto comincia con il mettere in regola la più grossa proprietà della Sezione: il 23 luglio 1951 la Sezione di Catania, rappresentata dal suo presidente, con atto di permuta rogato dal socio notaio Tanino Musumeci, acquisisce dal sig. Pietro Platania un tratto di terreno di 4.000 mq al cui centro sorge il rifugio ″Capanna Montagnola – G. Sapienza″, già di fatto di proprietà della Sezione. In permuta la Sezione cede un lotto di 600 mq sito nei pressi del Grande Albergo dell’Etna, comprendente i ruderi della cosiddetta ″Casa delle Guide″ e aggiunge la somma di L. 50.000.

Il l° settembre 1955 rinnova alla guida Vincenzino Barbagallo il contratto per la gestione del Rifugio Sapienza, per l’importo di L. 600.000 annue. Opera proficuamente presso l’Assessorato Regionale al Turismo, che concede per il Rifugio Sapienza la somma di L. 16.000.000 a fronte di un preventivo di L. 62.000.000 per l’ampliamento dello stesso. Viene collaudata una prima tranche di lavori al Rifugio Sapienza. I lavori riprenderanno a maggio con l’auspicio di completare almeno la parte ricettiva del piano primo entro l’autunno 1957.

Alla fine del 1955, si discute di un progetto di ampliamento del Rifugio Sapienza, per una spesa preventivata di L. 65.000.000, che potrebbe essere finanziato per il 50% da parte dell’Assessorato Regionale al Turismo e allo Sport e con l’aiuto del Fondo di Solidarietà Alberghiera. Si stabilisce di intervenire in due tempi. Dapprima si affiancherà alla struttura preesistente un corpo interamente nuovo sul lato di levante e successivamente si rinnoverà il corpo vecchio sul alto di ponente. I lavori iniziano nel 1956 e procedono con lentezza. Solo nel 1957 il C.A.I. usufruisce del primo lotto di contributi. I lavori proseguiranno ininterrottamente, con tanti brevi intervalli, fino al 1965, con una inaugurazione intermedia nel 1960.

46 – Le Sottosezioni nel dopoguerra

Il 22 dicembre 1946 si riunisce il consiglio di Reggenza della Sottosezione di Zafferana Etnea, retto dal sig. Salvatore Tomarchio, che programma l’attività per il 1947 e ne fa pervenire copia alla Sezione. Fra l’altro delibera di ammettere il proprio ″gruppo Zafferana″ allo Sci C.A.I. Catania.

Il 10 novembre 1954 alcuni appassionati di montagna di Nicolosi avanzano richiesta al Consiglio Direttivo sezionale di costituire un gruppo C.A.I. a Nicolosi alle dipendenze della Sezione, chiedendo che sia riconosciuta alla guida Vincenzino Barbagallo, la leadership di esso. Il successivo 16 dicembre Franzina comunica alla Sede Centrale la formazione del gruppo a Nicolosi, con reggente Vincenzino Barbagallo ed altresì la creazione dello Sci C.A.I. Monti Rossi, con reggente il dott. Mimmo Signorelli. Il 28 aprile 1955 il gruppo C.A.I. di Nicolosi, avendo raggiunto la forza di 69 soci, chiede la costituzione in Sottosezione, che viene deliberata. Lo Sci C.A.I. Monti Rossi viene trasformato nel 1956 in Sci Club Monti Rossi.

Il 12 gennaio 1956 il Consiglio Direttivo accusa Carmelo Greco, presidente dello Sci C.A.I. Valligiani di Linguaglossa di eccessiva autonomia decisionale. Greco risponde che la sottosezione intende ormai ottenere il passaggio a Sezione.

47 – Una disgrazia, un Decreto Prefettizio e un mare di polemiche

1 – La disgrazia

Giovedì 4 settembre 1952 alle ore 15, scompare nei pressi dell’Osservatorio Vulcanologico, il diacono tedesco Wolfgang Friedrich. Si era allontanato in compagna di due austriaci, compagni occasionali, con l’intenzione di mancare solo un’ora. Erano stati sorpresi dalla nebbia e poi dalla grandine mentre salivano in direzione nord; uno dei due austriaci era rientrato da solo all’Osservatorio dopo mezz’ora ed il secondo lo aveva imitato poco dopo, dichiarandosi all’arrivo fortunato per aver avuto come guida verso l’edificio, il tubo di acciaio che portava l’acqua dal Condensatore al Rifugio. Il diacono Friedrich sparisce nel nulla.

Venerdì mattina la scomparsa viene denunziata ai Carabinieri della Stazione di Serra la Nave, che inviano sui Cratere i militi Greco e Badalucco in compagnia del dispensiere del Grande Albergo dell’Etna Di Mauro, sollecitato dal gestore dello stesso albergo Eugenio Schuler, anch’egli presente il giorno 4 sul Vulcano. Essi tornano senza alcun risultato e la notizia rimbalza a Catania.

Venerdì 5, nel tardo pomeriggio, il Questore convoca il presidente del C.A.I. di Catania, Umberto Franzina, cui chiede, nella qualità di rappresentante di una numerosa quanto unica associazione di profondi conoscitori dell’Etna, di attivare il Sodalizio per consentire il ritrovamento del giovane tedesco. Franzina sale la stessa sera al Rifugio Sapienza dove incontra la guida Vincenzino Barbagallo e gli da disposizioni affinchè inizi delle ricerche sistematiche. Alle prime luci dell’alba del 6, Barbagallo, con la guida Giovanni Carbonaro ed il portatore Turi Magrì, si avviano verso l’Osservatorio ed il Cratere Centrale. Alle 8,00, aperto l’ufficio telegrafico, Franzina telefona a Carmelo Greco, reggente della Sottosezione C.A.I. di Linguaglossa e gli chiede di attivarsi anch’egli, cosa che questi prontamente fa, iniziando a perlustrare con alcuni consoci il suo versante. Franzina si reca quindi a Zafferana dove organizza tre pattuglie costituite ciascuna da una guida e da due agenti di Pubblica Sicurezza. La sera del sabato convoca presso la sede del C.A.I. i soci più attivi e dirotta l’escursione prevista per l’indomani.

Domenica 7 mattina dal Rifugio Sapienza si dipartono 8 gruppi costituiti da 3 soci ciascuno. Carbonaro e Magrì vengono inviati nella zona del Cratere di Nord-Est, poi di nuovo al Centrale dal lato Nord e presso la spaccatura dell’eruzione del 1949. Aurelio Zizza, Benedetto Quattrocchi con i carabinieri Arena e Badalucco ispezionano il Piano del Lago e la Cisternazza. Il Sacerdote Antonino Ferrini e Vincenzino Barbagallo risalgono in linea diritta verso il Cratere Centrale. Dal Rifugio Citelli la guida Peppino Strano effettua autonomamente delle ricerche sul fianco nord della Serra delle Concazze; lo stesso Franzina e Guglielmo Franck ispezionano la zona delle Tre Rocche.

Si teme che il disperso abbia per errore imboccato uno degli scoscesi canaloni che portano in Valle del Bove. Il giorno 9 settembre 60 militari del 45° Reggimento di Fanteria vengono affidati al Sac. Ferrini, ad Aurelio Zizza ed ad rag. Giuseppe La Rosa I° e dal Rifugio Sapienza raggiungono il Rifugio Menza, per poi allargarsi a raggiera in Valle del Bove. Rientreranno a Catania alle 18.00 del giorno 11. Nella mattina del 9, da poco iniziata l’operazione col grande dispiegamento di uomini, Giovanni Carbonaro si frattura un malleolo cadendo in un canalone; lo riportano faticosamente indietro Zizza e Turi Magrì con 6 militari. Alle 21 Zizza riparte dal Sapienza e ritorna col buio al Menza per dare istruzioni per l’indomani. All’alba, lo stesso va a riprendersi 16 soldati per riportarli in Valle del Bove ed ispezionare la recentissima colata del 1950 – 51.

Sabato 13 si avvisano tutti i soci a mezzo stampa, affinchè nuove forze si affianchino a coloro che si sono già attivati nella ricerca. Domenica 14 settembre arrivano i genitori dello scomparso, che vengono accompagnati al Rifugio Sapienza da Franzina, da Ferrini e dall’ex console di Germania e vicepresidente della Sezione, Kurt Haeni. Buoni camminatori, vogliono partecipare personalmente all’ennesima ricerca del cadavere, perchè ormai è perduta ogni speranza di trovare in vita il giovane e compiono un’ispezione a pettine per tutta la zona ad est del Cono Centrale. I coniugi Friedrich arrivarono fin sull’orlo del cratere di Nord-Est e del Centrale, accompagnati da Eugenio Schuler, che scrive un’ampia relazione della giornata, da Haeni, Barbagallo, Quattrocchi, e dai carabinieri Greco e Badalucco, mentre non lontano altri gruppi di soci C.A.I. perlustrano altre aree del vulcano.

Ancora il 15 ed il 16 proseguono le ricerche con Giuseppe La Rosa I°, Aurelio Zizza, i dottori Bellia e Denaro, il prof. Franco Boggio Lera, Enrico Zizza ed Aldo Vinciguerra; i quali tutti fanno base al rifugio Cagni, presso l’Osservatorio. Intanto si disquisisce sulla fine del povero Friedrich: in uno scambio di epistole, il socio e vulcanologo Micio Abbruzzese esclude a Franzina che il tedesco possa essere caduto nella Fumarola. Di parere diametralmente opposto Schuler, che nella sua relazione indica la piccola voragine della Fumarola come unico luogo dove possa essere caduto il giovane.

Ancora il 1 ° ottobre qualcuno continua, invano, le ricerche del cadavere.

  1. Il Decreto Prefettizio

Ma intanto il 27 settembre esplode il caso: il prefetto di Catania Paolo Strano, con Decreto n° 5143, dichiara pericolosa la zona sommitale del Vulcano, a partire da un circuito che corre a quota 2000 – 2500 fino al Cratere Centrale e fa obbligo, a chiunque intenda accedervi, di farsi accompagnare dalle Guide Alpine, munite di licenza di Pubblica Sicurezza, secondo le tariffe debitamente approvate. All’art. 3 decreta inoltre Hanno libero accesso, nella suindicata zona pericolosa, le Autorità civili e militari, che vi si recano per motivi di servizio, il personale dell’Istituto di Vulcanologia dell’Università di Catania e i soci del Club Alpino Italiano, nei cui confronti la Sezione C.A.I. dell’Etna abbia rilasciato attestazione di idoneità.

Immediata sui quotidiani divampa la polemica. Al Decreto si contestano essenzialmente. quattro cose: di aver preso delle precauzioni esagerate rispetto all’effettivo pericolo, che tale divieto è lesivo della libertà dell’individuo, che penalizza il turismo etneo e infine di avere inoltre favorito il C.A.I., cui viene concessa una patente di competenza non prevista da alcuna legge.

″Il Giornale dell’Isola″ del 7 ottobre titola: Il Decreto prefettizio sull’Etna non piace agli alpinisti nostrani. Gli fa eco ″La Sicilia″ del 9: Facilitare, non intralciare l’accesso alla nostra montagna E ancora ″La Sicilia″ del 11 ottobre: Chi è lontano dalla Sicilia ha una gran paura dell’Etna – Dopo il decreto delle zone pericolose ed il ″Corriere dello Sport″ del 31: Per accedere sull’Etna obbligatoria la guida – Provvedimento esagerato.

Molti privati cittadini e soci scrivono ai quotidiani: sul ″Giornale dell’Isola″ del 8 ottobre: Etna inaccessibile (ing. Luigi Biffo). Nel trafiletto Biffo accusa il C.A.I. di aver ripudiato i principi per cui era stato creato, riducendosi al rango di ″servitorello del turismo″, irride i valenti alpinisti e sciatori che si allenano all’umile e remissiva condiscendenza indispensabile per chiedere il prezioso attestato di idoneità che, come è noto, verrà rilasciato dall’onnisciente direzione del C.A.I..

E ancora:
″Giornale dell’Isola″ – 9 ottobre: L’Etna e il decreto prefettizio.
″Giornale dell’Isola″ – 11 ottobre: Etna proibito.
″La Sicilia″ – 18 ottobre: La montagna col contagocce.
″Sicilia del Popolo″ – 23 ottobre: E’ pericolosa l’ascensione all’Etna?
″La Sicilia″ – 24 ottobre: La presidenza del C.A.I. invitata a dimettersi. (dott. Alfio Di Stefano) Dice tra l’altro Iuzzo Di Stefano, detto ″Il Capitano″: Non si poteva evitare di far fare così poco simpatica figura al S.E. il Prefetto? Non si poteva infine evitare una propaganda così controproducente all’alpinismo e allo sci sull’Etna, nonchè al buon senso dei siciliano? Bastava che la presidenza della Sezione catanese del C.A.I. non avesse ispirato e appoggiate con un parere favorevole un decreto del genere (cosa che non è stata smentita). Ora, una presidenza del C.A.I. catanese che. ha commesso un errore così grossolano in materia di alpinismo (il che, sebbene abbia cercate di nasconderlo, ha rilevato il Comitale Regionale del C.A.I.) ha dimostrato di non essere all’altezza del compito che gli è stato affidato dall’assemblea dei soci e pertanto, a meno che non sia costituita da uomini che vogliono dirigere l’alpinismo per altri fini, dovrebbe dimettersi.

  1. La posizione del C.A.I. regionale

Il 16 ottobre si riunisce a Catania il Comitato Regionale Siculo del C.A.I. presenti i Consiglieri Centrali avv. Raffaello Vadalà Terranova, catanese e rag. Nazareno Rovella, palermitano e i presidenti o rappresentanti di quasi tutte le Sezioni C.A.I. di Sicilia. Dopo accalorate discussioni ne esce un documento approvato all’unanimità, nel quale si fa voli che S.E. il Prefetto di Catania voglia revocare il Decreto dei 27-settembre e si sollecitano alcuni provvedimenti e cioè:

  1. Collocare cartelli monitori vicino alle zone a rischio, ricorrendo, se consigliabile e se possibile, alla recinzione delle zone a rischio.
  2. Diffondere in tutti i presidi turistici delle conoscenze adeguate sulle modalità di esecuzione delle ascensioni al vulcano.
  3. Tracciare e mantenere i sentieri di accesso.
  4. Definire le pratiche già avviate dalla Sezione dell’Etna per la costruzione di ricoveri e bivacchi nell’alta zona del vulcano.

Viene dato ampio risalto di stampa all’Ordine del Giorno.

″Corriere di Sicilia″ – 23 ottobre: Protesta il C.A.I. contro il Decreto che vieta l’accesso alla Montagna. Il comitato Regionale invita il Prefetto a revocarlo e a sostituirlo con altri più opportuni. ″Giornale dell’Isola″ – 23 ottobre – Si restituisca l’Etna al libero turismo

  1. La radiazione di Biffo e Di Stefano

Intanto il 25 ottobre si svolge una burrascosa seduta di Consiglio Direttivo della Sezione etnea del C.A.I. e il presidente Franzina è costretto a ribadire che egli non fu l’ispiratore del Decreto Prefettizio, come qualcuno ha malignamente detto e scritto, ma la necessità di un siffatto provvedimento sorse e fu alimentata esclusivamente in sede di Prefettura e di fatto gli venne soltanto richiesto di procurare copia di un provvedimento analogo relativo al Vesuvio, mediante la Sezione C.A.I. di Napoli e di prestare la collaborazione per la delimitazione grafica della zona potenzialmente pericolosa.

Nel frattempo, il 27 ottobre si muove anche la Sede Centrale del C.A.I., con una lettera del Segretario Generale, che appoggia calorosamente la posizione del Comitato Regionale Siculo, comunica di aver scritto al Commissariato del Turismo ed alle Autorità della Regione Siciliana e invita Franzina a coordinarsi con quegli intenti ″per la successive azioni da svolgere″.

  1. La nuova formulazione del Decreto Prefettizio

Il Prefetto, ricevute le sollecitazioni della stampa, del Comitato Siculo e della Sede Centrale del C.A.I., dello stesso Franzina che viene di fatto obbligato ad affiancarsi alla posizione ufficiale dell’Associazione, decide di mitigare la formulazione del Decreto, che viene riemesso in data 25 novembre col n° 5947. Viene modificato solo l’art. 3 che così adesso recita: Hanno libero accesso, nella suindicata zona pericolosa, le Autorità Civili e Militari, che vi si recano per motivi di servizio, il personale dell’Istituto di Vulcanologia dell’Università di Catania, tutti coloro nei cui confronti il C.A.I. abbia rilasciato attestazione di idoneità, nonchè coloro i quali partecipano a manifestazioni sportive, organizzate dagli enti o società specificamente competenti.

Scrive privatamente il prefetto Strano a Franzina:

Ritengo che con la nuova formulazione, la quale restringe notevolmente il campo di applicazione, del divieto di accesso senza guida alla zona pericolosa, rendendolo operante solo nei confronti dei non sportivi, e cioè dei profani della montagna, possano ritenersi del tutto superate le preoccupazioni dei veri amatori del nostro vulcano.
Desidero aggiungere che, come era facile dedurre da un sereno esame della questione, e come è stato infatti rilevato da taluno, io non potevo neppure pensare di cingere la zona pericolosa dell’Etna con un’inopportuna e del resto impossibile, cintura di forze di polizia: il mio decreto aveva quindi, precipuamente, la funzione di richiamare, sulla importanza e sulla difficoltà della montagna, l’attenzione e la responsabilità, in primo luogo delle autorità turistiche e poi di quanti e per scarsa conoscenza, o perchè allettati da una troppo sommaria propaganda, ritenevano di poter accedere, senza adeguata preparazione ed attrezzatura, alle zone più alte ed impervie del vulcano.

Alle soglie del 1953 si spengono i riflettori dell’opinione pubblica sulla vicenda del diacono tedesco, ma la ferita all’interno del C.A.I. è ancora aperta e lo sarà per quasi due anni ancora, finchè non si chiuderà tutto l’iter burocratico del ricorso del dott. Alfio Di Stefano.

Qualcuno vacilla, nella certezza di essere nel giusto nei confronti del socio campione di sci e 1’8 giugno 1954, in una riunione del Consiglio Direttivo (Franzina, Miceli, Haeni, Becherucci, Signorelli, Ferrini), viene respinta la proposta di annullare la radiazione di Alfio Di Stefano. La certezza si indebolisce ancor dappiù il 26 ottobre 1954, quando la Sede Centrale non ne ratifica la radiazione, ma Di Stefano, non avendo pagato le quote sociali 1953 e 1954, viene considerato non più socio ed il suo caso viene archiviato.

48 – Gli altri rifugi

Nell’agosto 1953 l’Università rinnova la storica Concessione di 2 stanze più servizi al piano terreno lato levante dell’Osservatorio Vulcanologico dell’Etna. In cambio essa viene autorizzata ad installare delle stazioni meteorologiche presso i rifugi Menza, Citelli e Casa Cantoniera, essendo autorizzata ad accedere nei predetti rifugi. Il 29 settembre successivo il Rifugio Osservatorio viene intitolato alla memoria di Giovannino Cagni.

La guida Giuseppe Strano è custode del Rifugio Citelli, ma è moroso con la Sezione delle quote del ′52 e del ′53, cosa che giustifica con la scarsa attività del rifugio.

Nel settembre 1956 effettua piccoli lavori di riparazione ai Rifugi Citelli e Menza col concorso dell’Assessorato Regionale al Turismo, che concede i seguenti contributi, pari al 50% del fabbisogno: per il Rifugio Citelli L. 900.000 e per il Rifugio Menza L. 700.000.