Bambini e Montagna

Febbraio 2021 – Commissione Centrale Medica – Gruppo di Lavoro “Bambini e Montagna” –
(F. Agostinis, A. Cogo, A. Cucuccio, F. Fontana, P. Imazio, L. Posani, A. Venga)

Premessa

Le motivazioni che portano un genitore ad accompagnare un bambino in ambiente montano sono molteplici: dal piacere dell’outdoor all’osservazione della natura, dalla ricerca di avventura a una vita salutista volta al benessere fisico e psichico. Occorre però considerare che raggiungere determinate altitudini e le repentine variazioni di quota possono comportare dei rischi per la salute: infatti, un viaggio in ambiente diverso da quello abituale, in un bambino sotto i 3 anni di età, può determinare cambiamenti fisiologici che difficilmente sono distinguibili da patologie connesse con le variazioni di quota. Dobbiamo considerare che l’organismo del bambino è ancora in fase di sviluppo e che la regolazione termica e la capacità di adattamento all’ipossia non sono ancora mature. Quindi è fondamentale la supervisione degli adulti da cui dipende il benessere del bambino.

 Altitudine

Salendo di quota si riduce progressivamente la pressione barometrica e questo fa sì che anche la pressione dell’ossigeno (che è sempre circa il 21% di quella barometrica) si riduca; abbiamo quindi meno ossigeno a disposizione: per esempio, a 1500 m c’è circa l’84% di ossigeno rispetto al livello del mare; a 2000 m, circa l’80%, a 3000 m circa i 2/3. Tutto questo comporta una progressiva riduzione della capacità di esercizio e la necessità di una corretta acclimatazione per non incorrere nel mal di montagna. Le classificazioni della quota in ambito di Medicina di montagna tengono conto degli adattamenti dell’organismo che saranno tanto più impegnativi quanto maggiore sarà l’altitudine. Per cui considerando Media quota (1500 mt-2500 mt), Alta quota (2500 mt-3500 mt.), Altissima quota (oltre 3500-5500 mt.) e Quota estrema (>5500m) saranno proprio le altitudini maggiori a causare malesseri, in uguale misura negli adulti e nei bambini.

La patologia legata all’altitudine è definita mal acuto di montagna (AMS) e si distingue in lieve, moderato e grave, in questi due ultimi casi si può avere edema cerebrale e/o edema polmonare.

 Male acuto di montagna

Al di sopra dei 2500 mt  il rischio di incorrere in questa patologia è concreto, soprattutto se si trascorre la notte e, nell’evoluzione della stessa, i bambini rispondono in modo analogo agli adulti, anche perché il processo di acclimatazione implica cambiamenti identici.  Occorre tenere presente che i bambini più piccoli hanno delle specificità anatomiche, soprattutto nell’apparato respiratorio, che li differenziano dagli adulti, e possono avere una diversa risposta all’ipossia. Inoltre il bambino non sa riferire la sintomatologia che di per sé è insidiosa e subdola, facilmente confusa con una sindrome influenzale (malessere generale – nausea – cefalea) che si traduce con inappetenza, scarsa voglia di giocare e perdita del sonno che sono poi i tre parametri per valutare la gravità dei sintomi soprattutto nei bambini più piccoli. La tempistica dell’insorgenza ci può aiutare in quanto la comparsa dei primi sintomi si verifica dalle 4 alle 12 ore dall’arrivo in quota ed è notevolmente influenzata da eventuali pernottamenti, se non si sono rispettati i tempi di acclimatamento (300 mt al giorno di ascesa per quote superiori a 3000 mt). La nostra attenzione sulla prevenzione della patologia a cui i bambini sono più sensibili è il male acuto di montagna lieve.

 Considerazioni

Nella prima infanzia (fino ai 2 anni) non è controindicato raggiungere i 2000 mt., mentre sono da evitare salite ad altitudini superiori. Dai dati in letteratura risulta appurato che una quota fino ai 1500 mt. è ben tollerata nei bambini sotto i 12 mesi, altitudine alla quale possono soggiornare anche diversi giorni. È possibile superare questo limite (mai oltre i 2000 mt.) purché si salga e si scenda in giornata e che la salita sia lenta e graduale (a piedi e non con mezzi meccanici).

Bambini di età compresa tra i 2 e 5 anni possono salire fino ai 2500-3000 mt ma occorre cautela poiché a queste età non è sempre facile per i bambini descrivere e comunicare eventuali sintomi a differenza di quanto accade nella fascia di età compresa tra 5 e i 10 anni, età in cui, comunque, questa altitudine è ben tollerata anche se occorre sempre vigilare su una possibile insorgenza del male acuto di montagna.

Conclusioni

Un bambino di pochi mesi e fino ai 2 anni può soggiornare a quota  2000 mt. ma per i neonati (primi 30 gg) è sconsigliato dormire oltre i 1500 mt.

I bambini tra 2 e 3 anni è bene che non pernottino oltre i 2500 mt.

Un bambino dai 2 ai 10 anni può presentare male acuto di montagna a quote superiori a 2500 mt se non si rispettano i tempi di acclimatamento.

Evitare di portare bambini in montagna a quote superiori ai 2000 mt se vi sono patologie respiratorie acute, anche banali, anemia o cardiopatie.

Ricordare che cute e occhi vanno protetti dai raggi solari. A tal proposito far indossare occhiali da sole (consigliabile  averne un paio di riserva), indossare un cappellino con visiera, indumenti tecnici che favoriscano la dispersione di calore, crema solare ad alta protezione (50) da applicare ogni 2-3 ore.

I bambini sono sensibili al freddo più degli adulti e il 30% del calore viene disperso dal capo

I bambini piccoli trasportati con gli zainetti preposti sono ancora più sensibili alle basse temperature, vista la loro immobilità durante il tragitto. Raccomandati zaini omologati per garantire una corretta postura.

Rapidi cambiamenti di quota (salite e/o discese in funivia o ovovia, per esempio) possono causare dolore auricolare, specie se il bambino lamenta infezioni pregresse alle vie aeree superiori (raffreddore).

Ricordare che il bambino nell’andare in montagna è spinto da motivazioni diverse da quelle dell’adulto per cui gioco o scoperta devono sempre prevalere sulla performance.